mercoledì 30 ottobre 2019
Maestro Manzi 1960-1968
Maestro Cristiano [dal 1960 al 1968, arrivò il programma Non è mai troppo tardi, in cui il maestro Alberto Manzi insegnava le nozioni base dell’italiano a coloro che, pur avendo superato l’età scolare, non le conoscevano.]
lunedì 28 ottobre 2019
domenica 27 ottobre 2019
Lineamenti
Mia vita, a te non chiedo lineamenti ------ Eugenio Montale ( ossi di seppia )
non chiedo lineamenti
fissi, volti plausibili o possessi
non chiedo lineamenti
fissi, volti plausibili o possessi
venerdì 25 ottobre 2019
work La loosetv
anno 1995
committente LacabComunicazione
partners Emittente locale calabrese Teleuropanetwork, Università di Calabria (GiudaLab, Deis), Lacab Comunicazione, La Camera Blue Video.
collaboratori Amedeo Marra, Piero Arena, Giorgio Massacra, Claudia Cataldi, Orazio Converso
descrizione 1995,loosetv, televisione folle, 12 trasmissioni tv sull'emittente locale calabrese Teleuropanetwork, doppiate sul web dell'Università di Calabria (GiudaLab, Deis) in modalità push per la simulazione di emittente telematica. La tivvù sciolta. Poi il mondo ha cose più importanti a cui pensare, ma Alberto Abruzzese a proposito della tv focus di tutte le produzioni in campo negli anni ottanta,notava che già dopo gli anni settanta del secolo scorso videomakers se ne andavano in giro con una cinepresa e riprendevano tutto quello che capitava loro sott’occhio, a mò di riprese random. Tutto questo prima della televisione e della radio digitale. Il loro lavoro era quello di accumulare videocassette, prendere spezzoni di video secondo il genio del momento, ricucirli a casaccio e piazzarli in un contenitore che automaticamente e casualmente li riproponeva e pubblicava continuamente ogni 8,4,3,2.secondi. Non esisteva una logica precisa: era una specie di collage visivo in cui frammenti di audio, video e testo scorrevano senza sosta. In questo modo nasceva la “loose tv”, la televisione folle, l’unico progetto sperimentale di fine secolo che, non solo andava in onda su reti locali, ma dava anche ai telespettatori la possibilità di farne il palinsesto instabile. Rivoluzionario, altrochè, era la tivvù stessa a fare zapping prim’ancora che tu la facessi col telecomando. Era l’unico posto in cui potevi vedere Giorgio Massacra impegnato nella sua “intervista alla capra” per cinque minuti prima di fare riprese sul Monte Cocuzzo e negli attimi successivi vedere spezzoni di “Sesso, bugie e videotape” di Soderbergh , dieci minuti più tardi eri talmente stordito da non sapere minimamente cosa stesse passando per il tuo nervo ottico, a parte che andava in onda qualcosa come “Gilda nel laboratorio dei Cannaruti”. La “loose tv” smise di andare in onda qualche mese dopo, qualcuno però ancora lavora a quel progetto.
tools
emittentetelematica.blogspot.com/2009/08/database-palcore-e-diversi.html
Emma al tempietto
giovedì 22 gennaio 2015
La scuola e la scienza spettacolo
Emma era spettacolare, indubbiamente - malgré soi, à contrecoeur. Ed era rigorosa, severa, era una persona intera sempre in contraddizione feconda, per quanto io ne sappia dalle mie indagini. Al Tempietto, intorno alle sue ceneri, ho colto nelle parole dei suoi antichi compagni di strada la sincerità della loro vita. Come questi ragazzi era autentica, sempre connessa. Comunicava la sua vita e la condivideva: non c'era distanza, non c'era sistema e non obbligava a niente oltre la situazione.
mercoledì 23 ottobre 2019
il viso in faccia
nuovo social games FaceUp, un gioco davvero particolare che unisce selfie e quiz e permette di divertirsi e interagire con amici e con gli altri utenti che partecipano al gioco
martedì 22 ottobre 2019
Dal registro mastro
lunedì 21 ottobre 2019
grand maitre à presenter, 1982
Orazio Converso e Guido Galeno curatori dello spettacolo che avrà come "grand maitre à presenter" Elio Pecora, 130 90 / 124 85
domenica 20 ottobre 2019
Leonardo e la matematica
sulla sezione aurea, le costruzioni “con riga e compasso”, la quadratura delle lunule e gli usi del metodo della “falsa posizione”, e ancora i poliedri realizzati per il trattato De divina proportione di Luca Pacioli e alcuni studi sulle tassellature.
venerdì 18 ottobre 2019
Don Lisander
Don Lisander – con il proprio, raffinatissimo, linguaggio, una invenzione continua, che mandava in malia Gadda – era ossessionato dal male,..dal male minimo, individuale.
giovedì 17 ottobre 2019
Abbazia oltre il chierici
Questo nauseante confezionamento, ritorna incessante, sarebbe ovvio andare alla pianta, cogliere il frutto che nasce nell'hortus del chiostro.
Frammentaria divagante e la Loosetv
Nella sua struttura frammentaria, divagante, spericolatamente giocata su una molteplicità analogica, associativa, opposta a una narrazione consequenziale e tuttavia così unitaria per insistenza tematica, La Terra desolata si presenta come testo di straordinario interesse per una esecuzione in forma teatrale. Si intuisce, nella rapidità del montaggio delle varie scene, nel suo procesdere per stacchi, spostamenti di tempo e luogo, riprese del leit-motiv, variazioni di tono e di linguaggio, una drammatizzazione del testo poetico che approfitta indifferentemente dei congegni del teatro elisabettiano, del music-hall popolare, della poesia ‘metafisica’, della sacra rappresentazione medioevale, della costruzione allegorica, del nonsense ironico o infantile come della suggestione simbolista. (…) La voce recitante (e Annig Raimondi lo ha compreso benissimo, visto che se ne assume le ragioni e il peso) si moltiplica e si spersonalizza nella variazione dei registri senza negare la sua centralità. Il testo si trasforma in teatro da camera, diventa – se si può dire – monologo a più voci, e in perfetta consonanza con il tema solleva il problema di un Io in crisi, di un Io che sentendo di aver perduto la propria centralità tenta di recuperarsi in un contesto (storico, culturale) di voci altre e diverse.
(Roberto Sanesi)
(Roberto Sanesi)
Fargliela pagare
Tra le regole, aurea, questa: il doppio senso di fare in modo che il costo dei processi economici produttivi creativi non sia sostenuto soltanto da uno, e che l'ospite sia punito.
domenica 13 ottobre 2019
VARIAZIONI GOLDBERG
Il comico in poesia, 1982
Qual'è la tua esperienza del comico in poesia? «Riguarda la mia poesia ma stranamente non in una accezione propriamente "comica", anche se questo termine in questo recital è usato in senso eccezionale. Una "ecceità" che non si confonde con un oggetto o una cosa o un genere, ma uno stile di uscita, formale e non, dal canto elegiaco e dalla boutade. Il comico come stornamento rigoroso dalla bella forma».
Cioè? «Nel dramma il pathos strega le soluzioni, e le voci ripiegano in interni confortevoli, masochismo dell'ironia, sadismo degli humours, in un triangolo asfittico. Nel tragico, per simulazione, spunta il comico, come parodia, come distanza da sè. Come fuoriuscita: una boccata d'aria nell'esercizio e nell'allenamento della lingua (il comico) è l'immediato sparire in una risata che pure viene partorita all'interno del grido e del senso.
Un gioco raffinato dell'intelligenza?
«Senza intuizioni l'intelligenza serve a poco, e poi viene dopo. C'è invece una sottovalutazione del comico stupido e bestiale, della violenza costrittiva del nonsense, che pure ci fa scoppiare. Dicendo questo penso a Mike Bongiorno, che è di una comicità irresistibile, basta prendere gusto al disgusdto che fa. Nella scrittura poetica non basta certo il lazzo o la cattiveria, c'è il lavoro e la sensibilità che fa sí che ciò venga fuori, che svanisca infine, perchè nel comico non c'è individuazione cosciente, come nella satira, non ci sono scadenze da smascherare o da rivelare; c'è invece un gioco di voluttà che sorprende soprattutto perchè non ti lascia niente».
Ma che cos'è tutto questo panegirico comico; allora? «Una tristezza! Siamo tristi e infelici come Keaton e Totò, che pure ebbero la virtú, contro le sentimentalità di Chaplin, di non essere mai ricattatori; tristi poi perchè se è vero che non sa mai definire l'amore che ci portiamo figuriamoci l'azzardo di precisare, nell'infelicità, la comicità di tutto questo. L'idrolitina ci vuole! per digerire!...
Chi pensi che vincerà? «Io seguo molto la Domenica Sportiva, perchè allo Stadio non ci riesco ad andare, c'è una falsa violenza/allegria, non si diverte nessuno. Ma le interviste dopo o prima della partita ai calciatori sono esilaranti, nella loro previsione». «Sono un gran bel pezzo di calciatore e timidamente rispondo: "Andrà cosí, vedremo, vincerà come sempre il piú forte in campo"».
Cloppete cloffete clocchete, il comico in poesia è il titolo palazzeschiano di uno SpettacoloDerbyPerformances che si terrà il 22 febbraio '82 a Roma al Teatro dell'Orologio in via Dei Filippini 17a dalle 19 alle 24.
Parteciperanno alla "corsa" oltre venti poeti, tra i quali, favoriti come Riviello, Scialoja, Frassineti, Niccolai, Costa, sfavorito invece anche se annunciato ma infortunato lo scettico: Valentino Zeichen. Di scuderia, Reim, Veneziani, Insana; e gli outsiders, ... ed altri. Tempo e velocità della corsa saranno i versi che naturalmente non prevedono assolutamente vincitori ma risate in campo. Pubbliche. A proposito, i managers, Orazio Converso e Guido Galeno curatori dello spettacolo che avrà come "grand maitre à presenter" Elio Pecora, hanno incrociato in una intervista un'analisi delle condizioni del campo, del tempo, delle velocità di esecuzione e, helàs! - azzardano persino vincitori, e scommesse, clandestine, e morti sul terreno, dal ridere.
- https://youtu.be/Cwas_7H5KUs
Qual'è la tua esperienza del comico in poesia? «Riguarda la mia poesia ma stranamente non in una accezione propriamente "comica", anche se questo termine in questo recital è usato in senso eccezionale. Una "ecceità" che non si confonde con un oggetto o una cosa o un genere, ma uno stile di uscita, formale e non, dal canto elegiaco e dalla boutade. Il comico come stornamento rigoroso dalla bella forma».
Cioè? «Nel dramma il pathos strega le soluzioni, e le voci ripiegano in interni confortevoli, masochismo dell'ironia, sadismo degli humours, in un triangolo asfittico. Nel tragico, per simulazione, spunta il comico, come parodia, come distanza da sè. Come fuoriuscita: una boccata d'aria nell'esercizio e nell'allenamento della lingua (il comico) è l'immediato sparire in una risata che pure viene partorita all'interno del grido e del senso.
Un gioco raffinato dell'intelligenza?
«Senza intuizioni l'intelligenza serve a poco, e poi viene dopo. C'è invece una sottovalutazione del comico stupido e bestiale, della violenza costrittiva del nonsense, che pure ci fa scoppiare. Dicendo questo penso a Mike Bongiorno, che è di una comicità irresistibile, basta prendere gusto al disgusdto che fa. Nella scrittura poetica non basta certo il lazzo o la cattiveria, c'è il lavoro e la sensibilità che fa sí che ciò venga fuori, che svanisca infine, perchè nel comico non c'è individuazione cosciente, come nella satira, non ci sono scadenze da smascherare o da rivelare; c'è invece un gioco di voluttà che sorprende soprattutto perchè non ti lascia niente».
Ma che cos'è tutto questo panegirico comico; allora? «Una tristezza! Siamo tristi e infelici come Keaton e Totò, che pure ebbero la virtú, contro le sentimentalità di Chaplin, di non essere mai ricattatori; tristi poi perchè se è vero che non sa mai definire l'amore che ci portiamo figuriamoci l'azzardo di precisare, nell'infelicità, la comicità di tutto questo. L'idrolitina ci vuole! per digerire!...
Chi pensi che vincerà? «Io seguo molto la Domenica Sportiva, perchè allo Stadio non ci riesco ad andare, c'è una falsa violenza/allegria, non si diverte nessuno. Ma le interviste dopo o prima della partita ai calciatori sono esilaranti, nella loro previsione». «Sono un gran bel pezzo di calciatore e timidamente rispondo: "Andrà cosí, vedremo, vincerà come sempre il piú forte in campo"».
Cloppete cloffete clocchete, il comico in poesia è il titolo palazzeschiano di uno SpettacoloDerbyPerformances che si terrà il 22 febbraio '82 a Roma al Teatro dell'Orologio in via Dei Filippini 17a dalle 19 alle 24.
Parteciperanno alla "corsa" oltre venti poeti, tra i quali, favoriti come Riviello, Scialoja, Frassineti, Niccolai, Costa, sfavorito invece anche se annunciato ma infortunato lo scettico: Valentino Zeichen. Di scuderia, Reim, Veneziani, Insana; e gli outsiders, ... ed altri. Tempo e velocità della corsa saranno i versi che naturalmente non prevedono assolutamente vincitori ma risate in campo. Pubbliche. A proposito, i managers, Orazio Converso e Guido Galeno curatori dello spettacolo che avrà come "grand maitre à presenter" Elio Pecora, hanno incrociato in una intervista un'analisi delle condizioni del campo, del tempo, delle velocità di esecuzione e, helàs! - azzardano persino vincitori, e scommesse, clandestine, e morti sul terreno, dal ridere.
sabato 12 ottobre 2019
dell’eclettismo
Elogio dell’eclettismo
Siamo in un periodo in cui i fondamentalismi stanno invadendo le nostre vite; non solo i fondamentalismi religiosi, ma anche i fondamentalismi del pensiero, gli autoproclamati custodi dei nostri valori, gli autonominati legislatori dei nostri comportamenti e della nostra condotta sociale e morale. I fondamentalisti religiosi sono pericolosi, soprattutto quelli che prendono alla lettera la Bibbia e il Corano in modi spesso grotteschi, ignorando qualsiasi apporto della filologia e della storia su chi ha scritto quei libri: non certo Dio o Allah, ma uomini come noi, abili redattori e manipolatori delle parole pronunciate oralmente da profeti e maestri spesso analfabeti, scribi che le hanno registrate in pagine scritte, gradualmente rese immutabili e canoniche, da riassumere in catechismi, da imparare a memoria.
Ma anche i fondamentalisti del pensiero sono pericolosi. La libertà di parola viene continuamente condizionata dalle arti retoriche della persuasione. La libertà di pensiero stenta a staccarsi dalla parola e a muoversi liberamente fra le esperienze, le emozioni, la materialità della vita.
Siamo in un periodo in cui credo sia doveroso ribellarsi alle filosofie scolastiche rigide e chiuse, al dogmatismo degli uni e al pragmatismo degli altri, alle costruzioni misticheggianti della tradizione neo-platonica, ai sogni ingenui dello storicismo, alle sentenze oracolari di Heidegger, ai tanti cattivi maestri. E credo sia consigliabile andare a rileggersi la voce Eclettismo scritta da Denis Diderot per l’Encyclopédie: «L’eclettico è un philosophe che, calpestando il pregiudizio, la tradizione, l’antichità, il consenso universale, l’autorità, insomma tutto ciò che soggioga l’animo del volgo, osa pensare con la propria testa, risalire ai princìpi generali più chiari, esaminarli, discuterli, astenendosi dall’ammettere alcunché senza la prova dell’esperienza e della ragione; che, dopo aver vagliato tutte le filosofie in modo spregiudicato e imparziale, osa farsene una propria, privata e domestica; dico ‘una filosofia privata e domestica’, perché l’eclettico ambisce a essere non tanto il precettore quanto il discepolo del genere umano, a riformare non tanto gli altri quanto se stesso, non tanto a insegnare quanto a conoscere il vero».
Mi piace molto questa formulazione: essere non tanto precettori quanto discepoli. Via quindi i cattivi maestri, gli imam e i predicatori dal pulpito, gli editorialisti della domenica. E imparare da cosa? Lo dice ancora Diderot: l’eclettico «non è uomo che pianti o semini; è uomo che raccoglie e setaccia». Bella anche questa immagine del setaccio, lo strumento dell’agricoltore e della casalinga, che serve a scegliere pazientemente il grano dal loglio, l’utile dal dannoso.
Diderot dà un altro saggio consiglio: viaggiare, conoscere il mondo, non stare chiusi nella torre d’avorio (o dentro le parole del libro pericolosamente proclamato «sacro»): «Per formare il suo sistema, Pitagora mise assieme i contributi dei teologi egiziani, dei gimnosofisti indiani, degli artisti fenici, dei filosofi greci. Platone si arricchì con le spoglie di Socrate, di Eraclito e di Anassagora; Zenone saccheggiò il pitagorismo, il platonismo, l’eraclitismo, il cinismo: tutti intrapresero lunghi viaggi: e qual era lo scopo di tali viaggi, se non quello di interrogare i popoli più vari, raccogliere le verità sparse sulla terra, e tornare in patria ricolmi della saggezza di tutte le nazioni?»
Ecco il destino dell’eclettico: «Come è quasi impossibile, per un uomo che viaggi in molti paesi e si imbatta in molte religioni, non vacillare nei propri sentimenti religiosi, è altrettanto difficile per un uomo saggio, che frequenta molte scuole di filosofia, legarsi esclusivamente a una setta, e non scivolare nell’eclettismo o nello scetticismo».
Certo, lo scetticismo è un’attrazione forte, una sirena al cui canto è facilissimo cedere. Ma l’eclettismo ha qualcosa di più: una ricerca continua fra libri e esperienze, fra idee e stimoli, un viaggiare ininterrotto e avventuroso fra impressioni e riflessioni degli altri viaggiatori, ignorando le piste già tracciate e segnate e le guide turistiche, setacciando le espressioni del libero pensiero.
Per questo, nei giorni della violenza fondamentalista, è bello e giusto fare l’elogio dell’eclettismo.
Tolleranza e intolleranza
Si sente spesso dire che le tre grandi religioni monoteiste hanno in comune, oltre a molti elementi storici e teologici, una generale concezione dell’uomo con effetti positivi sui nostri comportamenti e sui nostri atteggiamenti morali.
Questo è in gran parte vero e spiega perché molti pensatori abbiano potuto di volta in volta dichiarare che le nostre comuni radici affondano, oltre che nella cultura classica greco-latina, in quella ebraica, in quella cristiana e in quella araba. C’è per esempio, un’importante convergenza fra l’antico testamento, il nuovo testamento e la tradizione hāditha dei detti di Maometto, che consente di mettere una a fianco dell’altra le citazioni dal Levitico (19.18) «ama il prossimo tuo come te stesso»; quelle del Vangelo «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Marco 12,31 e simile negli altri sinottici); «Chiunque vuole sfuggire dal fuoco [dell’inferno] ed entrare nel Paradiso dovrebbe trattare gli altri come desidera di essere egli stesso trattato» (Sahih 20-4546).
È giusto e inevitabile, però, ricordare anche che in tutte le tradizioni religiose, e nei libri «sacri» che esse ci hanno tramandato, vi sono non pochi elementi che derivano da concezioni della vita e dei rapporti sociali dei popoli che le hanno espresse pieni di aggressività, crudeltà, spirito guerresco, istinto di sopraffazione: posizioni storicamente spiegabili ma non più accettabili nel mondo della democrazia, dell’illuminismo, della solidarietà fra popoli e Stati, delle Nazioni unite, delle sacrosante battaglie per l’habeas corpus e contro la pena di morte. Si veda, per esempio, una frase come la seguente che si legge nel Corano (9, 6): «Quando siano trascorsi i mesi sacri, uccidete gli idolatri ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati. Se poi si pentono, eseguono l’orazione e pagano la decima, lasciateli andare per la loro strada. Dio è misericordioso» (dove c’è una curiosa mescolanza fra un Dio misericordioso e certi suoi seguaci che non dimenticano i loro interessi e chiedono ai pentiti di pagare la decima). La frase del Corano va posta accanto alla seguente che si legge nella Bibbia, nel molto aggressivo Libro di Giosuè (6, 21-24): «E quando il popolo udì il suono delle trombe lanciò un gran grido, e le mura crollarono. Il popolo salì nella città, ciascuno diritto davanti a sé, e s’impadronirono della città. Votarono allo sterminio tutto ciò che era nella città, passando a fil di spada uomini, donne, bambini, vecchi, buoi, pecore e asini. […] Poi i figli d’Israele diedero fuoco alla città e a tutto quello che conteneva; presero soltanto l’argento, l’oro e gli oggetti di bronzo e di ferro, che misero nel tesoro della casa del Signore» (anche qui accanto all’aggressività implacabile che si estende a bambini e animali, non manca la sete dell’oro).
Le due frasi dai libri sacri vanno a loro volta poste accanto all’esortazione al massacro forse pronunciata (secondo la discussa testimonianza del monaco cistercense tedesco Cesario di Heisterbach), ma plausibile nella circostanza, nel corso dell’assalto, durante la crociata contro gli Albigesi, alla cittadina di Béziers nel 1209. La frase sarebbe stata pronunciata nientemeno che dal legato pontificio, l’abate Arnaud Amaury: «Massacrateli tutti, perché il signore conosce i suoi» (anche qui si mescola con l’istinto della ferocia il pregiudizio ideologico e la presunzione che Dio parteggi per uno dei contendenti).
Quanto al posto della donna nella società, in quei libri e in molta della tradizione delle tre religioni si assiste a una paradossale doppia proiezione: da una parte la sublimazione assoluta dell’essere femminile, trasformato nella grande madre, nutrice e al tempo stesso asessuata, addirittura paradossalmente vergine e madre al tempo stesso, dove il Corano (III, 42, 45, 47) ripete a modo suo la scena evangelica dell’Annunciazione: «E quando gli angeli dissero a Maria: – In verità Allah t’ha prescelta e t’ha purificata e t’ha eletta su tutte le donne del creato… – O mio Signore! – rispose Maria – Come avrò mai un figlio se non m’ha toccata alcun uomo? Rispose l’angelo: – Eppure Allah crea ciò ch’Egli vuole: allorché ha deciso una cosa non ha che da dire: ‘Sii!’ ed essa è»; dall’altra parte c’è la natura minacciosa e pericolosamente sessuata dell’essere femminile discendente da Eva, donna del peccato che va ridotta al silenzio.
Su questo tema ci sono una serie di testi, a cominciare da quelli di san Paolo, ma anche della tradizione gnostica e di quella islamica, la cui autenticità, con tipico atteggiamento colpevole e difensivo, è spesso messa in discussione da esegeti e commentatori. È il caso, per esempio, di due pronunciamenti di Paolo: in I Corinzi 14.34: «Le donne devono restare in silenzio durante gli incontri; devono, anzi, essere sottomesse, come detta la Legge»; e in I Lettera a Timoteo 2, 11-13: «Una donna deve ricevere l’istruzione in modo silenzioso e con piena sottomissione. E non permetto a una donna di insegnare o esercitare autorità sull’uomo; deve invece restare in silenzio. Poiché Adamo è stato creato per primo, non Eva». È possibile che si tratti, come vogliono alcuni commentatori, di frasi non autentiche e interpolate da qualche estremista nei testi dei primi secoli. In ogni caso si tratta di posizioni ideologiche a volte irresponsabili, in ogni caso inaccettabili, che, come quelle sulla guerra, gettano un’ombra su molti seguaci delle tre religioni, soprattutto sui fondamentalisti che prendono alla lettera i testi dettati, secondo alcuni di loro, direttamente da Javeh o da Allah.
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